Alle recenti votazioni federali, nel Canton Berna ha vinto l’arretratezza scientifica e culturale, ha perso la scienza che guarda al futuro e hanno perso come sempre, in primis, gli animali!
Davide contro Golia, attivisti antivivisezionisti contro i baroni universitari: in mezzo un’opinione pubblica che ancora crede che la ricerca medica non possa prescindere dalla sperimentazione sugli animali, addirittura quando è la stessa popolazione (con le proprie tasse!) che dovrà finanziare le onerose richieste dei vivisettori.


E’ andata così: il 72% della popolazione a favore della costruzione del nuovo stabulario universitario, poco meno del 28% contro e quasi la metà della popolazione che non si è neppure espressa, ritenendo forse il problema poco rilevante. Gli strumenti sono quelli della democrazia diretta e non è certo contestabile l’immenso impegno profuso dagli attivisti (Tier-im-fokus, LSCV, ecc…) che hanno dedicato intere giornate, sfidando il freddo e non solo, alla sensibilizzazione pubblica. Non è bastato il lavoro di tutto lo staff di Stopptierversuchebern (al quale abbiamo dato il nostro contributo) che ha portato alla realizzazione di tanti pannelli in città, dibattiti, incontri pubblici, divulgazione sui social network, ecc…. Non sono bastati neppure 400 mila volantini realizzati dalla LSCV (che abbiamo co-finanziato) distribuiti ad altrettanti fuochi in tutto il Cantone.
Ciò che manca in Svizzera è una presenza critica maggiore fuori e dentro le Università, dentro gli ambienti che con la pratica o la ricerca medica sono direttamente coinvolti. Non c’è altra strada: bisogna cancellare il luogo comune che la sperimentazione sugli animali sia ancora un male inevitabile e necessario, bisogna aprire le menti dei (soprattutto giovani) ricercatori per aprire le porte dei laboratori. Altrimenti rimarremo fermi ad essere “animalisti contro scienziati” e, come a Berna, vinceranno sempre i vivisettori che concepiscono solo una scienza ferma ad un metodo obsoleto, crudele e mai validato e che, cosa da non sottovalutare, hanno una potenza mediatica ed economica molto più forte della nostra.
C’è molto da fare, con tanti ostacoli anche linguistici e culturali, ma non possiamo fermarci. Che questa amara sconfitta sia un’occasione per capire che la mobilitazione è importantissima , la divulgazione altrettanto, ma il cambiamento che auspichiamo (che sarà graduale, ma inevitabile) avverrà solo se maturerà una critica anche dentro le Università ed i laboratori di ricerca. Guardiamo avanti e proseguiamo la nostra lotta per dare voce ai senza voce e per una ricerca più seria ed etica.